Sardegna al buio

L’Italia dispone di 12 centrali a carbone, ma non abbiamo carbone. Gli esperti affermano che in poco più di 50 anni il combustibile fossile più inquinante in assoluto finirà. Le attuali centrali, dislocate tra Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Umbria, Lazio, Puglia e Sardegna, producono elettricità bruciando carbone. Otto sono di proprietà dell’Enel, due di A2A, una della E.ON e una della Edipower. Nel 2014 hanno soddisfatto il 13,5 per cento del consumo interno lordo di energia elettrica a fronte delle emissioni di ben 39 milioni di tonnellate di CO2, circa il 40 per cento di tutte le emissioni del sistema elettrico nazionale. Allo stesso tempo, 521 persone muoiono ogni anno per cause legate direttamente agli effetti dell’esposizione ai fumi della combustione di carbone. In Italia non ci sono giacimenti di carbone, eccetto il bacino sardo del Sulcis. Riaperto nel 1997 dopo 25 anni di inattività, oggi produce un milione di tonnellate all’anno di carbone, considerato di scarsa qualità. Possiede un contenuto troppo alto di zolfo. Il 90 per cento del carbone che si brucia in Italia arriva via mare da Stati Uniti, Sudafrica, Australia, Indonesia, Colombia, Canada, Cina, Russia e Venezuela. Il problema attuale è un altro: senza una soluzione alternativa alle due centrali a carbone presenti in Sardegna, l’Isola rischia di rimanere al buio dal 2025. Non è una battuta. E neanche una provocazione. Lo impongono i nuovi accordi internazionali. Si tratta di una vera e propria emergenza. Che riguarda, non solo l’approvvigionamento energetico o l’inquinamento, ma il destino di tanti lavoratori. Portovesme (Grazia Deledda) e Porto Torres (Fiumesanto) includono 800 salariati, tra diretti ed indiretti. E’ necessaria una soluzione immediata. Non più procrastinabile.

g.f.

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