Quando si affronta il problema dello spopolamento in Sardegna, si fa quasi sempre riferimento alle zone interne. Nell’ultimo anno, su 377 comuni, solo una novantina hanno incrementato la popolazione. Quasi tutti costieri. Ma il dato drammatico è che vanno via mediamente 5.000 abitanti all’anno. Un’autentica catastrofe sociale, oltre che demografica. Con i piccoli comuni che rischiano l’estinzione nel medio periodo. Le cause? Sicuramente la mancanza di garanzie occupazionali, i tagli agli uffici pubblici e le scuole, le ataviche carenze infrastrutturali. Ma c’è anche un’altra causa, finora, forse, sottovalutata. Ogni anno, circa il 30% degli studenti decide di partire per frequentare università della penisola o all’estero. Niente Cagliari o Sassari, dunque. Il caso di Nuoro, una provincia falcidiata dal fenomeno dello spopolamento, è significativo: il 29% degli studenti residenti in provincia non sceglie gli atenei isolani, ma preferisce altre sedi. Un fenomeno in continua crescita. Un’emorragia incontrastata. Nonostante il calo demografico e la conseguente diminuzione nel numero delle immatricolazioni, gli studenti sardi iscritti in atenei della penisola aumentano costantemente. Negli ultimi dieci anni il numero dei giovani, che hanno lasciato l’Isola per gli studi, è cresciuto da circa 8000 a circa 9000 unità. Milano e Roma, ma anche a Pisa, Torino, Bologna e Venezia, le città più gettonate. Per non citare Bucarest, Barcellona, Londra. Il problema è che molti di loro non torneranno più. Anche perché le opportunità lavorative sono maggiori oltre Tirreno. Occorre invertire questa tendenza.
g.f.