Porto Canale e Cina

Il Porto Industriale di Cagliari, noto come Porto Canale, ha visto la luce negli anni ottanta, realizzato per assicurare lo smistamento e il trasporto delle merci in container. Quest’opera faraonica, che aveva l’ambizione di rappresentare uno straordinario volano per l’economia sarda, oggi cola a picco. Meglio non quantificare i costi di costruzione e di gestione. Sarebbe un’offesa verso i sardi. Solo poco più di anno fa, l’assessore regionale alla Programmazione annunciava, con toni trionfalistici, un altro finanziamento destinato a questa infrastruttura pari a 10 milioni di euro. Poca roba, no? Ma non si conoscono, al momento, i risultati di tale sforzo economico. La triste realtà, invece, è che: il traffico merci negli ultimi tre anni è crollato del 72%; che sono in programma numerosi licenziamenti di operatori del settore; che gli altri terminal porti del Mediterraneo, come Tangeri e La Spezia, crescono; che le maggiori istituzioni, in questi anni, non hanno battuto ciglio di fronte a questo tracollo. Come rilanciare, dunque, il Porto Canale? In un momento di crisi diffusa la soluzione non è certo dietro l’angolo. Ma un assist ce lo offre “la Via della Seta”, l’accordo siglato giorni fa tra il presidente della Cina e il nostro presidente del Consiglio dei Ministri. Fra le pieghe dell’intesa figurano impegni da parte del colosso CCCC (China Communication Construction Company) per i porti di Genova e Trieste. Lo stesso accordo prevede, per il futuro, l’integrazione di altri progetti. Perché non includere Cagliari?  D’altronde, un piedino in Sardegna i cinesi lo hanno poggiato due anni fa, con la realizzazione del Joint Innovation Center (JIC) del Parco Tecnologico di Pula, il laboratorio di innovazione congiunto di Huawei e il CRS4, dedicato a progetti di ricerca sulle Smart & Safe City. Il neo presidente della Regione, Christian Solinas, ha già dato prova del suo carattere e del suo pragmatismo, cominciando a mettere ordine nel sistema della sanità e dei trasporti aerei. Potrebbe proporre a Conte una rivisitazione degli accordi italo cinesi, inserendo il Porto Canale. Sarebbe una bella sfida, ma non impossibile. Chissà.

g.f.

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