L’Antisalvinismo rende

Le elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo di domenica scorsa assomigliano, nei risultati, alle precedenti. Nel 2014, grazie a Renzi, il PD raccolse percentuali bulgare: un vero plebiscito. Le ultime hanno portato alla Lega consensi altrettanto straordinari, grazie a Salvini. Tra i due Matteo, però, le differenze, oltre che politiche, sono di sostanza. Renzi veniva acclamato perché rottamatore e “nemico” della classe dirigente piddina di allora. Ma anche perché parlava di riforme. Ed era presidente del Consiglio in carica. Non è poco. Salvini, che premier non è, ha concentrato la sua campagna su migranti e sicurezza. O, come afferma uno dei suoi principali collaboratori, con il TRT: acronimo di Territori, Rete, Televisione. Ma, a ben vedere, l’”antisalvinismo” è stato determinante per il successo del leader della Lega. Le prese di posizione contro le sue politiche si sono dimostrate inefficaci e lo hanno indiscutibilmente rafforzato. Le lenzuola calate dai balconi. Gli antagonisti e i centri sociali in piazza a prendersela con le forze dell’ordine. I fighetti progressisti nei talk show a lanciare l’allarme fascismo. Le élite europeiste a brandire appelli per fermare l’avanzata populista. E i vescovi dai pulpiti a tuonare contro chi osava mostrare il Rosario durante i comizi. Tutti contro Matteo Salvini. E tutti puntualmente asfaltati.

g.f.

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