Con un fatturato di 28 milioni di euro, 6.000 posti letto in luoghi esclusivi, la catena alberghiera italiana “Club Esse” rilancia il suo brand in Sardegna. Nelle nostre coste conta ben 10 strutture. Al nord, sia in Gallura, di fronte all’isola della Maddalena, che a Stintino; ma di recente anche a Cala Gonone, sulla costa orientale. “Club Esse”, però, non si ferma e punta la prua verso altre destinazioni, proponendo le proprie offerte ai grandi tour operator dell’Est Europeo. Per la prima volta, infatti, a maggio, la Sardegna registrerà la presenza dei principali agenti di viaggio, provenienti non solo della Russia europea, che ormai è «di casa», ma anche dalle regioni più estreme dell’ex URSS, come la Kamchatka, la Jacuzia e la lontanissima Chukotka. A questi operatori si affiancheranno i colleghi di altri stati dell’Europa nord orientale, dalla Bielorussia all’Ucraina, alle Repubbliche Baltiche, che, pur essendo relativamente più vicini, non si erano mai spinti fino alle coste della nostra Isola con intenti commerciali. “Gestiamo quasi 600mila giornate di vacanza l’anno, con un coefficiente elevatissimo di repeaters, cioè ospiti che tornano nella stessa struttura o che, se desiderano cambiare, continuano comunque a scegliere una nostra proposta. La Sardegna, per noi, rappresenta un punto fermo”, affermano fiduciosi i manager del Club. Quest’anno, dunque, la stagione estiva sarda si preannuncia in crescita. E l’incremento dei vacanzieri è dovuto, in gran parte, proprio alla presenza sempre più marcata degli stranieri. Ma il futuro dell’industria turistica regionale andrà ulteriormente riprogrammato. Certi fenomeni che hanno aiutato la Sardegna ad essere una delle mete privilegiate, almeno negli ultimi due anni, si stanno attenuando: non si avverte quasi più la paura di attentati, che favoriva il nostro territorio, percepito come sicuro, a discapito di altre destinazioni turistiche importanti. Lo si intuisce dal forte aumento, già in atto, del numero dei collegamenti aerei dalla Penisola per l’Egitto, la Tunisia e la Turchia. La competizione, dunque, si accentua e sta alle nostre capacità contrastare, con strategie distributive adeguate e con un prodotto che possa poggiare su grandi valori aggiunti, l’offerta di competitor internazionali. Nel frattempo, ben vengano gli orientali.
g.f.