di Franco Ruiu.
San Martino di Tours è il patrono delle Guardie Svizzere pontificie e di mendicanti, albergatori, cavalieri. È venerato dalla Chiesa Cattolica e anche da quelle ortodossa e copta. È uno dei fondatori del monachesimo in Occidente e uno dei primi santi non martiri proclamati dalla Chiesa. Dopo il periodo obbligatorio di servizio militare, a 25 anni lasciò l’esercito e si recò a Poitiers dal Vescovo Ilario. Una scelta fatta non a caso: Martino scelse di andare da un Vescovo antiariano, organizzatore straordinario dell’opposizione all’eresia che entrò e rimase nella Chiesa dal IV (iniziò in Egitto) al VII secolo (gli ultimi residui rimasero fra i germani cristiani). Il Vescovo di Poitiers, colpito da una condanna all’esilio per aver osato opporsi alla politica arianista dell’imperatore Costanzo II, dovette stabilirsi in Asia, mentre Martino raggiunse le regioni centrali dell’Illirico per convertire la madre al cristianesimo, ma fu esposto ai duri maltrattamenti che i vescovi della regione, acquistati all’Arianesimo, gli inflissero. Ritornò in Italia e organizzò un eremo a Milano, dove fu presto allontanato dal Vescovo Aussenzio, anch’egli eretico. Ciò che ha reso famoso San Martino di Tours è l’episodio del mantello. Secondo la leggenda, da militare, durante un servizio di ronda alle fortificazioni di un castello in cui faceva il “circitor” ( ispettore dei posti di guardia nelle guarnigioni) durante un temporale vide un mendicante sotto la pioggia e per ripararlo tagliò in due il suo mantello donandogliene là metà. Più avanti ne vide un altro e gli donò l’altra metà. Nella leggenda c’è una morale, tanto ovvia quanto sconosciuta a tutti coloro – religiosi compresi – che urlano in favore dei migranti che si accalcano alle nostre frontiere. Donare parte di ciò che si ha, privandosene benché utile alla sopravvivenza, è cosa buona e giusta. L’esercizio della carità evangelica ha valore quando privarsi di una ricchezza o comodità personale serve allo stato di disagio del nostro prossimo. Questa consapevolezza, accettata, nobilita l’azione e le conferisce la dimensione che agevola la sua comprensione spirituale. In contrapposizione si colloca l’atteggiamento di quanti, senza alcun sacrificio personale oltre la mera dichiarazione verbale – dettata spesso da interessi personali e di bottega – applaudono alla carità senza proporsi tra i primi donatori della stessa, in attesa che vi provvedano altri. E’ significativo che sia proprio San Martino ad offrire al “datore di lavoro” delle Guardie Svizzere – di cui è patrono riconosciuto – un esempio di carità diversa da quella pelosa che oggi si predica da molti pulpiti. Il sacrificio preteso, pur tentando di minimizzare lo stratosferico impegno economico, va ben oltre la materialità dell’atto ed investe ambiti di vita collettiva il cui costo non è stimabile. Non bastano le adesioni di facciata: con i se ed i ma nessuno ha mai fatto frittelle ed i miracoli, in questo mondo ormai dominato dalle logiche monetarie, nessuno è in grado di farli. E di San Martino che spezza in due il mantello, non se ne vede più uno in giro.