Monitorare il Parco

L'”Ambiente” è diventata oggi una parola d’ordine. Quasi obbligatoria. Chiunque disquisisca su tale argomento, o si fa molti nemici o diventa il paladino del pensiero unico omologato. Il tema è attualissimo e, come tale, va rispettato ed approfondito. Ci sono sono, tuttavia, delle contraddizioni che, ogni tanto, e solo per amore della coerenza e della realtà, vanno rilevate e denunciate. Il caso, almeno stando alle indicazioni geografiche, riguarda, o riguarderebbe, il Parco Regionale di Tepilora, l’ultimo nato dalla nidiata dei parchi a regia regionale che, al pari di altri, succhiano senza tregua denari dalla mammella pubblica al fine di realizzare benefici (?) per le comunità. Al di là di rappresentare luoghi di straordinaria bellezza naturalistica, come può un parco, non monitorare le aree che gli appartengono? Come si fa a chiudere gli occhi di fronte ad un degrado ambientale che cava gli occhi di tanti, ma che nessuno denuncia e, conseguentemente, chiede eventualmente di bonificare? Pannelli fotovoltaici, strutture in ferro, batterie di accumulatori, materiale sicuramente inquinante e tanto altro, giacciono da mesi, per non dire anni, in uno degli angoli più suggestivi della nostra terra, senza che nessuno alzi un dito. Un parco, che per propria prerogativa esalta l’ecosistema, la conservazione, l’habitat e tutte le declinazioni che gli si vogliono attribuire, può ospitare una discarica così palesemente devastante? Le domande non finirebbero qua, ma considerato che l’area, interessata da questo autentico immondezzaio, potrebbe non ricadere nel perimetro del Parco di Tepilora (ma siamo ai confini), è possibile che chi di competenza non intervenga a rispristinate i luoghi?

g.f.

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